Per la mia generazione nata tra il 1981 ed il 1999, la strada verso la sicurezza finanziaria è stata, ed è, parecchio accidentata: ci si riferisce spesso a loro come alla generazione più sfortunata e alcune statistiche ci mostrano in quale posizione si trovino oggi e come appaia il loro scenario finanziario al momento.
Gli investimenti sostenibili SRI (a cui ci si riferisce talvolta con “investimenti responsabili”) fanno parte di una scuola di pensiero che considera i temi ambientali, sociali ed etici una potenziale fonte di rendimento e allo stesso tempo di grande impatto sociale, naturalmente in positivo.
In un report del 2017 di Schroders viene evidenziato che i Millennials sono più consapevoli ed informati sui fondi d’investimento sostenibili rispetto alla Generazione X ed ai Baby Boomers: hanno infatti il doppio delle probabilità (il 10%) di identificare correttamente tutte e tre le descrizioni di investimenti sostenibili rispetto ai Baby Boomers (5%).
Si è anche scoperto che in Europa la popolazione peggio informata è quella del Regno Unito, in cui il 14% non sa che cosa sia un fondo d’investimento sostenibile.
I Millennials stanno per superare la Generazione X per maggiore potere d’acquisto globale, in termini di generazione, e questo accadrà entro il 2020. I Millennials sono destinati a guadagnare una media di 1,4 trilioni di dollari (globalmente) all’anno entro questa data.
Visto che la Generazione X inizierà a raggiungere l’età pensionabile nei prossimi quindici-vent’anni, il loro reddito ed il loro potere d’acquisto cominceranno infatti a calare significativamente.
Un sondaggio condotto da Vocalink ha scoperto che il 71% dei Millennials italiani ammettono di non poter vivere senza smartphone, ed il 10% di loro utilizza i sistemi di pagamento da cellulare quotidianamente, per cibo e bevande, per i pasti fuori casa e per le uscite, e l’11% per il tempo libero, ad esempio per andare al cinema, ad un concerto o a vedere una partita.
Inoltre, i Millennials sembrano pronti all’utilizzo di sistemi tecnologicamente avanzati che li assistano con le loro finanze o con i pagamenti da cellulare, visto il 42% dei Millennials inglesi e tedeschi accetterebbe di usare sistemi ottici di riconoscimento per la verifica delle transazioni.
È un fattore probabilmente collegato al declino della religione organizzata in Europa e alla disillusione originata dal crollo del 2008 il fatto che la generazione dei Millennials non stia più guardando a leader morali tradizionali come capaci di un impatto sociale positivo.
I Millennials guarderebbero invece alle imprese come luogo d’elezione di una trasformazione verso modelli di business etici e per dare l’avvio ad un cambiamento sociale positivo: è dagli imprenditori che si aspettano insomma una posizione più decisa a riguardo.
In quanto generazione che ha raggiunto la maggiore età nel clima del dopo 2008, i Millennials sono più cauti nell’investire il proprio patrimonio in azioni: sono più scettici nei confronti di un mercato che hanno già visto crollare e un’indagine di Deloitte ha rilevato che privilegiano attivi materiali, oltre alla liquidità; in generale, sono alla ricerca di strumenti semplici e di facile comprensione.
Sul lungo termine, ci sarà bisogno di compensare in qualche modo l’avversione al rischio di questa generazione.
Un’opera di educazione finanziaria mirata e con i canali giusti può essere la soluzione.
Un’indagine della Resolution Foundation ha scoperto che un Millennial su tre potrebbe non avere mai una casa di proprietà, e così, dal momento che i Millennial stanno raggiungendo l’età in cui iniziano ad avere bambini, ci troviamo di fronte ad una generazione di bambini cresciuta in alloggi in affitto, in un clima di insicurezza e di breve termine.
Non sono di certo da soli in Europa, dato che statistiche recenti mostrano che in Italia addirittura il 67% degli italiani tra i 18 e i 34 anni vivono ancora a casa con i genitori.
Un’analisi recente del Luxembourg Income Study ha scoperto che i redditi di coloro che hanno tra i 25 ed i 29 anni hanno registrato una stagnazione tra gli anni settanta e gli ottanta, se messi a confronto con le entrate delle persone più anziane, che sono invece aumentate.
Per esempio, in Italia, i redditi per il gruppo di età che va tra i 25 e i 29 anni sono cresciuti del 19% in meno della media nazionale tra il 1986 ed il 2010, il che significa che, in termini reali, le persone più giovani non hanno migliorato il proprio status rispetto al 1986.
La stessa cosa è vera per il Regno Unito, dove la crescita del reddito di coloro tra i 25 e i 29 anni è stata del 2% minore della media nazionale tra il 1979 ed il 2010.
Un’indagine di Sharper Survey ha scoperto che circa il 30% dei Millennials rivela una forte coscienza sociale affermando che la discriminazione reddituale stia causando gravi danni nel proprio Paese.
Questa discriminazione può prendere la forma di un rifiuto di un contratto d’affitto o di un mutuo da parte della banca perché non viene riconosciuta come adeguata la fonte di reddito di chi fa la richiesta. Questo può anche condizionare la possibilità di ottenere un prestito o di avere una carta di credito e, per una generazione che partecipa ampiamente alla gig economy (con attività autonome, da freelance) questo può avere gravi ripercussioni.
Sebbene siano spesso additati come la generazione che non pensa a sufficienza al proprio futuro, il 73% dei Millennials che sta investendo lo sta facendo per integrare la propria pensione oppure sta aumentando gli importi per il risparmio previdenziale per la pensione.
Una migliore educazione alle decisioni d’investimento per il futuro può quindi essere un buon investimento per i Millennials che stanno pensando di iniziare il proprio cammino nel mondo degli investimenti.
Secondo un’indagine di Schroders, i Millennials stanno risparmiando una percentuale minore per la pensione rispetto alla Generazione X ed ai Baby Boomers.
Questo può stare ad indicare un’ingenuità e un’impreparazione riguardo alla cifra di cui avranno davvero bisogno quando andranno in pensione, oppure al contrario una consapevolezza del fatto che dovranno probabilmente lavorare per un periodo di tempo molto maggiore rispetto alle altre generazioni e che quindi guadagneranno soldi più a lungo.
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